Donne, Vita, Libertà
Maryam Mirzakhani
(Teheran, 1977 – Stanford, 2017)
Inquadramento storico
In Iran il ministero dell’Istruzione ha di recente annunciato che non saranno forniti servizi alle studentesse che «non si attengono al codice di abbigliamento delle scuole». La cosiddetta “polizia morale” che sembrava essere stata abolita dopo le proteste in piazza al grido di “Donne, vita e libertà” seguite alla morte di Mahsa Zhina Amini, avvenuta in seguito alle botte ricevute durante l’arresto da parte della polizia religiosa perché non indossava correttamente il velo, è tornata ad agire. Ricordiamo che il velo, per le donne iraniane, divenne penalmente obbligatorio fin dal 1984, pochi anni dopo la fondazione della repubblica islamica (1979) che vedeva nel codice sull’abbigliamento femminile e il conseguente obbligo dell’hijab uno strumento fondamentale per dimostrare a tutto il mondo che l’Iran “è uno stato islamico”.
Biografia
Secondo fonti ufficiali, in questo anno 2023 numerose donne sono state sospese o espulse dalle università, o è stato impedito loro di sostenere gli esami finali e negato l’accesso ai servizi bancari e ai mezzi di trasporto pubblico. Desta sorpresa dunque venire a conoscere la scienziata Maryam Mirzakhani, prima donna ad avere vinto la medaglia Fields1, il più alto riconoscimento che possa essere conferito a un matematico, equivalente, per prestigio scientifico, a un premio Nobel.
La medaglia viene assegnata ogni quattro anni a quattro matematici di età non superiore a quarant’anni.
Nata a Teheran nel 1977 e vissuta, almeno per buona parte della sua breve vita, in pieno regime islamico, Maryam frequenta un liceo femminile e ottiene presto un riconoscimento internazionale vincendo per due volte, nel 1994 e nel 1995, la medaglia d’oro alle Olimpiadi Internazionali di matematica. Continua a interessarsi della materia e, nel 1999 si laurea in matematica all’Università di Teheran. Si sposta quindi ad Harvard per conseguire il dottorato, concluso il quale porta avanti la sua carriera accademica insegnando prima a Princeton e poi all’università di Stanford in California.
Si occupa di problemi molto difficili nell’ambito della geometria algebrica e dei sistemi dinamici, ottenendo risultati di grande profondità ed eleganza.
Nel 2014, a Seul, le viene consegnata la medaglia Fields “per il suo contributo eccezionale alla dinamica e alla geometria delle superfici di Riemann e dei loro spazi di moduli”.
Presidente dell’Iran era allora Hassan Rouhani, apertamente favorevole al miglioramento della condizione e a una più elevata inclusione delle donne nella società iraniana. Rouhani si congratulò ufficialmente con Maryam e fu molto criticato per avere consentito la pubblicazione di una sua foto a testa nuda, senza velo, oggi non sarebbe più possibile.
Muore il 15 luglio 2017 a causa di un cancro al seno diagnosticatole nel 2013.
La sua scomparsa, a soli 40 anni, colpisce profondamente il mondo scientifico.
Una settimana dopo all’Università di Teheran si tiene una sua commemorazione ufficiale; un anno dopo, su proposta iraniana, il Congresso Internazionale delle Donne Matematiche stabilisce che il 12 maggio, anniversario della sua nascita, sia festeggiato in tutto il mondo come Giorno delle Matematiche.
La vita di Maryam è stata un esempio di abbattimento di stereotipi e luoghi comuni e ha ispirato molte giovani donne che si dedicano alla matematica, e non solo.
Nelle poche interviste da lei rilasciate (per il rischio di rappresaglie verso i parenti rimasti a Teheran) raccontava il mondo dell’infanzia quasi tutto di donne dopo la sanguinosa guerra con l’Iraq; una madre che incoraggiava lei e le sorelle a inseguire le proprie curiosità; la passione per la letteratura; il piacere della matematica trasmessole dal fratello e da un’insegnante del liceo per alunni molto dotati nel quale si entra per concorso; l’università Sharif dopo un altro concorso, frequentata con in testa il foulard, certo, ma fra studenti e docenti con il quale le ragazze conversavano liberamente di matematica. Accennava inoltre alla libertà che era stata la sua negli anni Novanta, nonostante le difficoltà di allora e riconosceva che a Harvard, a Stanford, a Princeton aveva trovato “un ambiente piacevole”, però anche in America “la situazione delle donne in matematica è ben lungi dall’essere ideale. Le barriere sociali per le ragazze non sono poi meno basse che dove io sono cresciuta. E unire carriera e famiglia resta un grosso problema. Costringe le donne a decisioni difficili che di solito ne compromettono il lavoro.”